La terapia medica della nefrolitiasi ha lo scopo di prevenire le recidive, di impedire l’accrescimento dei calcoli già presenti nelle vie urinarie, ed in taluni casi di ottenere la dissoluzione completa o parziale del calcolo. Questi risultati possono essere raggiunti con la riduzione della saturazione urinaria dei sali litogeni e con l’incremento della concentrazione urinaria degli inibitori della formazione, dell’accrescimento e dell’aggregazione dei cristalli. Il trattamento della calcolosi reno-ureterale in atto, fino a pochi anni or sono essenzialmente chirurgico, ha di recente subito uno straordinario cambiamento con l’ampia introduzione nella pratica clinica del trattamento extracorporeo ad onde d’urto. Questo non deve ridurre l’importanza della terapia medica che, a fronte di costi trascurabili, permette un’efficace prevenzione secondaria della calcolosi renale con netta riduzione dei costi sia soggettivi che sociali. In questo senso la terapia medica si pone come logico e necessario complemento alla terapia extracorporea o chirurgica per un più completo trattamento della calcolosi renale. L’etiologia della urolitiasi è diversa a seconda della natura del calcolo, per cui la definizione della sua composizione chimica e lo studio del paziente per l’identificazione dei fattori di rischio litogeno, sono la necessaria premessa ad una concreta terapia idropinica, dietetica e, se necessario, farmacologica. Il primo provvedimento terapeutico, valido per tutti i tipi di nefrolitiasi, è la terapia idropinica. Questa consiste nell’introduzione di una elevata quantità di liquidi, distribuiti uniformemente in tutta la giornata, onde ottenere una diuresi giornaliera superiore a 2 litri, valore oltre il quale l’efficacia della terapia idropinica diventa significativa. La quantità di liquidi necessaria ad ottenere tale volume urinario non può essere fissa, data la variabilità delle perdite idriche extrarenali che sono influenzate dal clima, dal microclima, e dal tipo di attività fisica del paziente, ecc. Il paziente deve quindi essere istruito ad adattare l’introduzione di fluidi in modo tale da garantire lo scopo prefisso. La natura della calcolosi e le eventuali alterazioni metaboliche presentate dal paziente suggeriscono il tipo di acqua da preferire. Generalmente vengono consigliate acque oligominerali, mentre nella calcolosi di acido urico e di cistina sono da preferirsi acque alcaline. Comunque, laddove non esista una ipercalciuria dieta-dipendente, l’uso di acque particolarmente povere in calcio (< 40 mg/l) può non essere opportuno. Infatti una spiccata riduzione del contenuto intestinale di calcio può favorire un iperassorbimento di ossalato che si traduce in una sua maggiore escrezione urinaria, vanificando così l’effetto positivo di un’eventuale riduzione della calciuria. Nel caso di un’ipercalciuria dietaindipendente, si può inoltre esporre il paziente al rischio di un bilancio negativo del calcio. Anche studi riguardanti la prevenzione primaria, indicano che un ridotto apporto dietetico di calcio può addirittura favorire l’insorgenza della calcolosi renale. Recentemente abbiamo valutato l’effetto sui fattori di rischio litogeno dell’acqua “Rocchetta”, che ha un contenuto di calcio non particolarmente ridotto (56,4 mg/l) e che possiede caratteristiche idonee ad un suo impiego nella terapia idropinica della calcolosi renale. Nel gruppo di pazienti affetti da calcolosi calcica recidivante, e già praticanti terapia idropinica con acque oligominerali, non sono emerse variazioni significative rispetto al periodo di controllo. Questo consente di affermare che l’acqua “Rocchetta” può essere inserita nel gruppo della acque utilizzabili nelle terapia della calcolosi renale.

 

Università degli Studi di Pisa –
Istituto di Clinica Medica – 1994